MOMA

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lunedì 18 agosto 2008

14.8.08 h 18.30
Shanghai

Anche nelle stazioni dei treni sono esagerati questi cinesi. Situata nella periferia nord- est di Nanjing, quasi vicina alla collina che ospita il Mausoleo di Sun Yat-sen, la stazione ferroviaria si presenta come un terminal aereoportuale: una struttura tubolare in acciaio e vetro, grandi rampe di accesso su due piani per gli autoveicoli, una vasta lobby centrale, alta e luminosa, soglia con i soli sportelli per i biglietti. Una serie di scale mobili portano alle sale di aspetto, tipo aereoporto, dove ci sono i gates divisi per treno in partenza. Una ventina di minuti prima della partenza del treno, si aprono i cancelli e si scende ai binari, con tanto di indicazioni luminose sulla posizione del convoglio.
Il treno D409, il diretto Nanjing- Shanghai non ha niente a che vedere con i treni che si vedono ogni tanto sferragliare per le città della Cina centrale, vagoni arrugginiti con i finestrini abbassati e un'Umanità intera stipata: questi sono vagoni lindi, posti assegnati, toilette con lavandini e asciugamani elettrici, tavolini e aria condizionata che non dà fastidio.
Mentre il display luminoso indica la velocità del treno (intorno ai 250 km/h) e la temperatura esterna che, man mano ci si avvicina a Shanghai, sale fino a 38°C, fuori dal finestrino scorre velocemente una campagna dove, in mezzo a campi coltivati che diventano via via più piccoli, ci sono gru per il trasporto container, industrie, anonimi capannoni industriali e adibiti a uffici.

Niente di che la stazione di Shanghai, a nord di Suzhou Creek (il torrente che, scorrendo da Ovest a Est, confluisce nel fiume Huangpu, tributario dello Yangtze), me l'aspettavo più maestosa e pregna del passato glorioso della città. Se Nanjing era caotica, Shanghai è un unico ingorgo di automobili, i taxi partono da 11 yuan (come sono lontane le corse in auto per lo Yunnan o il Sichuan a 3 yuan) e si fa in fretta a spendere 2-3 euro (2-3 EURO!!) per arrivare in un posto qualunque della città.

L'hotel prenotato in città è lo Shanghai Mansion, ex Broadway Mansion, proprio alla confluenza del Suzhou Creek con il fiume Huangpu, un edificio in stile decò di 19 piani che, quando fu costruito nel 1933, era il più alto nel continente Asiatico: dopo la guerra divenne sede dei corrispondenti stranieri, al pari di un hotel Rex o Continental a Saigon. Una struttura molto newyorkese, mattoni marroni che quasi nascondono le finestre delle camere, strutturato a gradoni. La hall piccola ma splendida, marmi e cristalli, un servizio impeccabile, come l'Inglese parlato da chiunque lavori qui dentro.
“Upgrade to business room” ci dicono alla reception e la camera al 15° piano, sebbene non abbia la vista su Pudong e sul Bund, certamente più affascinante, rende bene l'idea della profonda trasformazione ancora in atto a Shanghai, squallide case basse, fatiscenti, ancora per poco circondate da grattacieli, fin quando una ruspa, volente o nolente, farà spazio per far crescere ancora più in verticale la città. La camera (intorno ai 60 euro) è un vero gioiello, con i caloriferi in ghisa color argento dell'epoca, testimoniata da una targhetta di ottone con stampato l'anno di costruzione.



Usciamo per andare sul Bund, Waitan per i Cinesi o Zhongshan Dongyi Lu nella toponomastica della città, il lungofiume che è una vera e propria vetrina del passato coloniale della città, il più importante avamposto delle potenze Occidentali tra le Guerre dell'Oppio e gli anni precedenti alla Seconda Guerra Mondiale, quando i Giapponesi invasero la città. Una galleria d'arte architettonica, con palazzi che non sfigurerebbero nei centri storici delle capitali europee. Ognuno ha una storia da raccontare: il Peace Hotel, ex- Cathay Hotel, già Sasson House, costruito da Victor Sassoon, Inglese di origine Irachena, hotel storico con leggende da raccontare, al pari di un Savoy a Londra o di un Ritz a Parigi; la Bank of China, accanto al Peace Hotel, progettata per avere due torri gemelle ma rimasta monca perché Victor Sassoon non volle che ci fosse un altro edificio più alto della sua residenza; la Sede della Dogana e l'ex Hong Kong e Shanghai Bank, i due edifici più belli in assoluto del Bund, il primo con una torre dell'orologio sulla sommità che suona le ore come il Big Beng (anche se durante la Rivoluzione Culturale l'orologio venne sostituito da altoparlanti che diffondevano canzoni e slogan comunisti), il secondo più basso e largo, con una bellissima cupola centrale e degli affreschi nell'atrio centrale, anche se abbastanza pacchiani o, comunque, restaurati male, dal momento che sembrano appena fatti, che rappresentano le sedi delle città in cui la banca era presente.

Se da un lato c'è il Bund con la sua storia recente cronologicamente ma lontanissima da un punto di vista culturale, se in mezzo c'è una moltitudine attualissima di venditori ambulanti di acqua ghiacciata, pupazzi di gomma deformabili, accattoni con bambini luridi sulle spalle (un tempo attività proibitissime dal Partito Comunista Cinese), al di là del fiume Huangpu c'è il futuro di Shanghai: Pudong. Quella che fino a 15-20 anni fa era una risaia, ora ospita alcuni dei grattacieli più alti del mondo, alcuni pacchiani come la Oriental Pearl Tower, una serie di sfere infilzate da una torre centrale, altri splendidi come la Jinmao Tower e lo Shanghai World Financial Center (o Mori Building, cugino delle Mori Tower di Roppongi a Tokyo, probabilmente con lo stesso proprietario), un edificio altissimo la cui sommità è aperta al centro in un quadrato che ricorda una bandiera. Nei progetti originali il quadrato doveva essere un cerchio ma avrebbe ricordato la bandiera del Giappone, per cui furono cambiati i piani i costruzione. Il fiume Huangpu circonda con un semicerchio quella che sarà la Shanghai del XXI secolo che cresce a ritmi vertiginosi, nel giro di poco più di un decennio quella che era una distesa piatta senza soluzione di continuità fino al mare, si sta riempiendo di grattacieli, il lungofiume è già stipato di edifici come degli aghi conficcati su un portaspilli.

Lasciamo il Bund circa a metà, tra il Peace hotel e il Palace Hotel per entrare in Nanjing Lu, “la via dello Shopping n° 1 in Cina”, una strada all'inizio percorsa da un traffico caotico, poi pedonale, stipata di negozi e boutique. La prima parte, quella trafficata, è un susseguirsi di negozi che copiano i marchi di prestigio come Lacoste, Valentino e Adidas, con nomi di fantasia, la parte pedonale è la vetrina degli stilisti, degli orologiai e gioiellieri più famosi. Anche qui non manca chi ti avvicina, perché Occidentale, proponendoti di seguirlo in una strada secondaria, dicendo sottovoce “Watch, bag, sunglasses”. Seguiamo un ragazzo per curiosità, sapendo già che ci porterà nella mecca del falso, e lasciamo Nanjing Lu per entrare in un vicolo perpendicolare dove sembra lontana anni luce la Shanghai ipermoderna di pochi metri prima, case fatiscenti, canali di scolo maleodoranti, panni stesi tra una casa e l'altra. Una bussata alla porta di una casa, un occhio che si vede al di là dello spinoncino e si apre un negozio stipato di borse Gucci, Louis Vitton, Prada, occhiali di marca, orologi Langhe & Sons, Cartier e gli immancabili Rolex, scarpe Nike, Prada e Puma, cinture, valigie, magliette, abiti. Tutto ciò che si può trovare in una boutique è esposta in pochi metri quadrati resi ancora più claustrofobici dalla gente che continua a entrare, dopo la solita procedura di riconoscimento all'ingresso, tre tocchi alla porta, osservazione dallo spioncino e apertura.

Arriviamo in Piazza Renmin, dove a cavallo tra Ottocento e Novecento c'era un ippodromo ora c'è un parco e i soliti grattacieli disposti ad anello, che sembrano arrestarsi bruscamente ammassandosi gli uni accanto agli altri ai bordi di questo spazio, trasmettendo la stessa sensazione che si ha osservando Midtown a Manhattan da Central Park. Al centro della piazza c'è l'interessantissimo Museo di Urbanistica di Shanghai (30 yuan) dove è ripercorso lo sviluppo architettonico della città, da prima delle Concessioni fino al futuro prossimo, con i grattacieli che ancora devono nascere a Pudong e un'installazione temporanea sull'Expo che si terrà in città nel 2010. Incredibile è il plastico del terzo piano dove, in scale, è riprodotta, in maniera assolutamente fedele e dettagliatissima, l'intera città di Shanghai, palazzo per palazzo, strada per strada, persino i dettagli dei tetti degli edifici.

Shanghai è anche i constrasti che ci sono tra una strada e l'altra. In una strada sei circondato da Boutique Rolex, grattacieli di banche e multinazionali, giri l'angolo, come lasciando Piazza Renmin e incamminandosi verso Suzhou Creek, dove ci sono una catena ininterrotta di botteghe surriscaldate e umide di materiale meccanico ed elettrico, la solita moltitudine di persone affaccendate in cosa non si sa mischiata ad altra che attende semplicemente che passi il tempo, tra una sigaretta, un sorso di the e una partita a carte.

Per la cena ci affidiamo alla guida Time- Out. La ricerca delle “Vie del Gusto” ci porta in Yunnan Lu, la strada dei ristoranti e banchetti a sud di Renmin Square, al confine tra la Città Vecchia e Xintiandi. Troviamo un ristorante che serve piatti freschi da cucinare in un brodo “primordiale” direttamente al tavolo. Tra i vari piatti che ordiniamo uno ci fa pentire di essere carnivori: gamberi vivi, che si muovono nel piatto e di cui accorciamo l'agonia gettandoli nel brodo bollente. Non riusciremo che a mangiarne qualcuno.

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