MOMA

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mercoledì 24 settembre 2008

15-19.8.08
E' bella Shanghai?
Non saprei dirlo. Non è la città che ti colpisce al cuore come possono essere Londra, New York o Tokyo, persino Phnom Penh. Una città piena di contrasti, sicuramente, ma assolutamente finta. L'impressione che ho avuto in questi quattro giorni è un paragone, magari esagerato, ma che continua a rimbalzarmi nella testa: un povero che, improvvisamente, diventa ricco e cerca di rimettersi al passo con la società contemporanea scopiazzando qua e là, un invidioso che cerca di dire “io sono uguale a te” ed evidenzia solamente il suo essere pacchiano. E dire che, più che un povero, Shanghai è una nobile decaduta, la città più importante del mondo insieme a New York e Berlino fino a prima della Seconda Guerra Mondiale.
A parte edifici mirabili come lo Shanghai World Financial Center di Pudong, i maestosi palazzi sul Bund, alcune zone della Concessione Francese e pochi altri grattacieli al di qua e al di là del fiume Huangpu, il resto della città è uno sfoggio di opulenza che ha lo stesso effetto di un pugno nell'occhio: l'Oriental Pearl Tower con le sue sfere infilzate, il Westin Hotel con la corona enorme, sproporzionata sulla sua sommità, le tenaglie del grattacielo Tomorrow Square, gli innumerevoli (veramente non si possono contare) grattacieli residenziali con il denominatore comune della parola luxury in bell'evidenza, molti già abitati e già vecchi, altrettanti in costruzione ovunque ci sia spazio (e dove non c'è le ruspe lo creano) e destinati ad avere migliaia di panni stesi sui terrazzi piccoli come cabine delle spiagge e condizionatori che pisciano acqua arrugginita nella strada sottostante. La caratteristica di Shanghai, peraltro che ho notato in tutte le altre città ma che qui è ancora più evidente, è che l'evoluzioen verso una città contemporanea non è avvenuta in maniera omogenea, quartiere per quartiere, ma a macchia di leopardo. Ti trovi in Xintiandi, il quartiere tra la Concessione Francese e la Città Vecchia, bar con gli ombrelloni come potrebbero esserci in una qualsiasi piazza italiana, Starbuck, panificio austriaco, ristoranti alla moda con prezzi da capitale europea: arrivi in fondo a quest'oasi, giri l'angolo e ti scontri contro un muro di odori, cibo cucinato in strada, gente che si lava sul bordo della strada, case buie, botteghe sporche con gente che mangia e bambini che dormono. Ti trovi in Nanjing Lu, strada di negozi delle migliori marche del lusso, Cartier e Rolex le prime che mi vengono in mente, al pari di una Fifth Avenue o Via Condotti, si avvicina un cinese che ti porta nella prima traversa, tra panni stesi tra facciate di baracche a non più di tre metri di distanza le une dalle altre, e ti mostra un negozio parallelo con la stessa merce, nascosta in doppifondi di armadi e scaffali, a un prezzo che talvolta arriva a un centesimo dell'originale. Ti trovi a Pudong, tra grattacieli che si sfidano nell'improbo tentativo di essere i più alti del mondo, tanto che spesso mentre sono ancora in costruzione vengono già superati dal progetto di qualche altro palazzo (vedi lo Shanghai World Financial Center), vedi passare le prime Ferrari, tra cui una Scaglietti, e a pochi chilometri di distanza, nei sotterranei della stazione della metropolitana del Museo della Scienza e della Tecnologia, ci sono centinaia di micro-negozi che dietro la facciata di souvenir vendono qualsiasi cosa possa essere contraffatta, dai cellulari Nokia agli orologi IWC, dagli I-Pod alle borse di Gucci (con tanto di catalogo che ti viene consegnato all'ingresso, suddiviso da un meticoloso indice iniziale, marca per marca).

A dire il vero un minimo di criterio sembra esserci nella modernizzazione di Shanghai e lo si può prevedere osservando la cartina: il nuovo impianto urbanistico prevede che il rinnovamento parta dalle strade principali, tutte che si intersecano perpendicolarmente, stradoni a tre, quattro corsie per senso di marcia. Tutto ciò che sta in mezzo a questi macro- isolati rimane indietro di 20-50 anni, come se le i grattacieli e i negozi scintillanti fossero come le facciate dei set cinematografici, un bello sfondo con dietro nulla.

La Concessione Francese.
Arriviamo in una mattina torrida, umida da togliere il fiato, troppo presto perché faccia subito colpo (i negozi aprono non prima delle 10 del mattino) e già troppo tardi perché il clima sia accettabile. Lunghi viali di platani, negozi chiusi, bar per la colazione nemmeno l'ombra. Ho come un deja-vù, mi sembra di essere in una strada di Hanoi, quella nella zona dell'ex carcere dei Comunisti di Ho Chi Minh, l'impronta è la stessa.
Sinceramente non c'è nulla di affascinante.
“Questa zona è per Shanghai il Marais, il Greenwich Village, anche Soho, ma è più carina e affollata” recita la guida. Sicuramente meno affollata, ci sono tornato anche una sera per bere una birra al Boonna Cafè (in Fuxingxi Lu, bello, raccolto con prezzi quasi da Yunnan, cibo ottimo e Internet wireless), c'è pochissima gente per le strade semibuie. Riguardo al “più carina” ho il dubbio che gli Autori non siano mai usciti dalla Concessione Francese. Le belle ville coloniali, quasi invisibili tra gli alti muri di cinta e i platani, sono state convertite in ristoranti di lusso, in club privati, in bar dove si suona musica jazz. Per il resto qualche boutique di creativi, soprattutto oggettistica e arredamento, negozi di DVD copiati e pochi altri bar (almeno nelle strade principali che abbiamo girato). Un museo negozio di oggetti vintage e altre reliquie della Rivoluzione Culturale scomparso rispetto a quanto riportato dalla guida di tre anni fa e una quiete che appare quasi strana per essere in Cina, come se la Concessione Francese sia ancora territorio Occidentale.

La Città Vecchia.
Se volete odiare Shanghai andate alla Città Vecchia. Se volete incontrare tutti i turisti Occidentali che ci sono a Shanghai andate alla Città Vecchia. Se volete non capire cosa è la Shanghai vecchia, andate in questo quartiere che si estende dalla riva sud-ovest del fiume Huangpu fino a Xintiandi, un dedalo di stradine circondata da un anello di strade a grande scorrimento, Renmin Lu a nord e Zhonghua Lu a sud. All'estremità nord, si entra nel peggio di Shanghai, eppure stipato di gente entusiasta, persa a fotografare gli edifici finto antico ricostruiti per l'occasione, a comprare improbabili souvenir a prezzi folli (dalla testa del Buddha alle campane tibetane), a fare la fila per mangiare ravioli tutti uguali in locali grandi come mense aziendali. Giusto il tempo per capire l'aria che tira e fuggiamo.

Xintiandi.
Il nuovo che avanza è rappresentato, oltre che da Pudong, da questo quartiere stretto tra la Città Vecchia e la Concessione Francese, a sud rispetto Renimin Square. Due isolati piccolini, tra Taicang Lu a nord e Zizhong Lu a sud, stretti tra le perpendicolari Madang Lu e Shungchang Lu, stipati di bar all'occidentale, ristoranti minimal-chic e boutique lussuosissime, con un unico denominatore comune: i prezzi tali e quali a Milano. Le case sono quelle originali dell'epoca, i tradizionali shikumen, “case dalle porte di pietra” a schiera affacciate su vicoli claustrofobici, due piani con un unico cesso, in fondo ad ogni vicolo, solo che sono state ristrutturate, sinceramente fedelmente, anche se sembra più di passare in una strada storica tipo Mirabilandia o Minitalia, EuroDisney o DisneyWorld tanto sembrano finte.

Moganshan Lu- Quartiere di Jingan.
Una strada che non sapresti nemmeno che esiste, che non è riportata sulle guide ma che sono il fiore all'occhiello della permanenza a Shanghai, di cui scopri l'esistenza, rimanendo in città pochissimi giorni e non vivendola, quasi per caso, contattando un amico che vive a Shanghai da anni e che te la mette tra i must see della città. Mi faccio portare dal taxi che mi lascia all'estremità sbagliata della strada, all'imbocco ovest di questa strada che fa una lunga curva verso sud- est.
Penso subito che ha sbagliato indirizzo (qui il tassista più bravo legge i le scritte in cinese con la lente d'ingrandimento, qualcuno ha difficoltà a leggere persino la propria lingua), che la strada si animi la sera tardi, che Shanghai cambia così in fretta che da quando mi ha spedito l'email non esista già più. Eppure Moganshan Lu è qui, è scritto sul cartello bilingue all'inizio della strada. Una lunga strada con un muro coperto da murales colorati a sinistra, una fabbrica massiccia a destra, quasi opprimente nonostante il colore blu e giallo della facciata, alle spalle grattacieli residenziali come tanti spilli, intorno fabbriche dismesse di cui è rimasto solo lo scheletro esterno, senza porte, finestre, tanto meno soffitti, pavimenti e tetti. Pattumiera rovesciata lungo la strada, sembra Napoli di qualche mese fa. Entro da una porta di servizio e mi ritrovo in un centro commerciale che vende esclusivamente mobili, letti, divani, una specie di grande magazzino di arredamento. C'è qualcosa che non torna, perché sarei dovuto arrivare sin qui, per vedere dei mobili?
Proseguo, intanto la sera arriva presto a Shanghai e alle 19 è già buio, e dopo la curva trovo ciò che mi era stato “promesso”. Le fabbriche della zona riconvertite in gallerie d'arte underground di artisti emergenti o già affermati. Questa zona, per quanto piccola e raccolta (poco più di un isolato), veramente non sfigurerebbe rispetto a Chelsea di Manhattan, un insieme di piccoli atelier di artisti, fotografi, con mostre temporanee, qualche bar abbastanza economico (per gli standard di Shanghai) e molti giovani.

Pudong.
E' una tappa necessaria, attirati magneticamente da quella sfilza di grattacieli che sembrano entrare in acqua e da quell'obbrobrio che è l'Oriental Pearl Tower, una Torre Eiffel che infilza delle sfere via via più piccole, una folla in coda per salire fino ai 350 metri e passa di altezza dell'ultima sfera, “la capsula spaziale”, per la modica cifra di 150 yuan.
Il modo più banale, scontato e da turista per arrivare a Pudong dal Bund è il Tunnel Turistico del Bund, una capsula che lentamente scivola sotto il fiume Huangpu, tra cerchi di luce, neon e manichini gonfiabili che si schiantano contro il vetro. Potrò mai farmi mancare un'esperienza simile? Giammai e pago volentieri i 40 yuan di biglietto, sola andata, per il ritorno ci attrezzeremo.
Per la prima volta a Shanghai non dobbiamo girare a vuoto per intere mezz'ore per cercare un posto dove fare colazione (farla allo Shanghai Mansion non se ne parla nemmeno, 180 yuan a testa, costa meno farla sulla Quinta Strada a Manhattan) perché ai piedi dell'Oriental Pearl Tower ci sono una serie di banchetti, già sovraffollati, che vendono cibo cinese, dagli spiedini ai ravioli, dai noodle alle zuppe, dai gamberi al pane cotto al vapore. Una pacchia! Per il resto a Pudong non c'è molto da vedere, tutto quello che si può visitare lo si vede dal Bund, resta indimenticabile la passeggiata, una via crucis per via del caldo, sul lungofiume che guarda il Bund, da cui si ha una vista impareggiabile degli splendidi edifici del secolo scorso. Si passeggia un po' tra i grattacieli, troppo con la testa all'insù per non vedere i lavori in corso che sono ovunque, con il rischio di inciampare in cavi, buche o di essere investito. Ci sono dei bellissimi esempi di architettura contemporanea La Jinmao Tower, con l'hotel più alto del mondo, il Grand Hyatt ospitato negli ultimi trenta dei suoi 88 piani, un grattacielo che ricorda vagamente una pagoda, circondato da un reticolo che rende indefiniti i suoi bordi. Ma soprattutto, lo Shanghai World Financial Center, un parallelepipedo di cristallo che si torce in cima, tutto di cristallo, con un foro rettangolare per diminuire la superficie della sommità esposta al vento: originariamente il progetto prevedeva un foro rotondo ma da lontano avrebbe ricordato troppo la bandiera del Sol Levante degli odiati cugini.

Shanghai by night.
E' però di notte che Shanghai dà il meglio di sé, soprattutto se ha appena piovuto e le mille luci bianche e rosse dei taxi, verdi o rosse dei semafori, bianche dei grattacieli si riflettono sull'asfalto nero e lucido per la pioggia. Shanghai di notte diventa meravigliosa, seducente e sicuramente fonte di nostalgia una volta partiti. Come mai questo contrasto tra il giorno e la notte?
Di notte rimane solo la sostanza degli edifici, le forme sono disperse nel buio, i mostri verticali tutti uguali e tutti già vecchi si nascondono dietro l'illuminazione delle finestre o di giochi di luci creati apposta per colpire. Certo, qualche segno del kitch che è il leit-motive di un certo tipo di riurbanizzazione di Shanghai spicca ancora di più, come la Corona del Westin o l'Astronave in cima all'hotel Radisson. L'atmosfera è resa ancora più intrigante dalle sopraelevate che attraversano il centro di Shanghai, serpenti concatenati che di notte si accendono di viola, dandomi l'impressione di essere proiettato in un film di fantascienza.