MOMA

MOMA

giovedì 7 agosto 2008

06.8.08. h 21.00
Leshan.

Un'altra delle abitudini scomparse di Chengdu, almeno in centro, è che non ci sono ristoranti che aprano prima della otto e mezza, nove dove poter fare una colazione degna di questo nome. Usciamo dall'hotel presto, dobbiamo andare a Leshan, centottanta chilometri a sud di Chengdu, nella seconda e ultima tappa di avvicinamento al fiume Yantze, già pregustando il pane bollito e fritto insieme alla crema di riso ma, inesorabilmente, il grande magazzino con i ristorantini è ancora chiuso. Ma come, in Cina, dove si mangia a qualsiasi ora del giorno e della notte, a che ora pensate di far colazione??!! E dire che ieri sera, dopo la zuppa di noodle con carne infuocata da peperoncino avevamo dato l'arrivederci al ristorantino della colazione della mattina, già pregustando la bontà del pane.
Vabbè... colazione al KFC con the Lipton rovente, panino con uovo e senape e “piadina con uovo, pomodori e gamberetti. Meglio di niente ma ho, oltre che aver lo stomaco mezzo vuoto, perso la sensibilità della lingua e l'esofago ustionato, speso il doppio di quanto avremmo speso nell'altro locale (19 yuan), l'amaro in bocca.
Un taxi ci porta alla stazione dei pulmann meridionale, Xiananmen, dove partono gli autobus per Leshan, i Monti Emei e altre destinazioni della zona. 44 yuan a testa per il biglietto che diventano automaticamente 1 yuan in più per non so quale motivo (come nei taxi c'è un “surcharge” di 1 yuan per il costo del carburante) insieme a un bigliettino dal significato incomprensibile che viene pinzato. Anche qui la stazione dei pulmann sembra un aereoporto, una grande sala cui si accede dalla biglietteria, negozi e banchettini, i gates con la destinazione luminosa scritta in alto e una donna che fa passare al rispettivo “imbarco” solo i passeggeri del pulmann in partenza. I bambini fino al metro e dieci centimetri non pagano, le regole sono regole, anche in Cina e diversi genitori e una nonna sono rispediti alla biglietteria perché non sono provvisti del biglietto per il “bambino” che, effettivamente ha superato la soglia gratis/ a agamento da almeno un paio di anni. Cerco di capire una regola in quello che succede, alcuni biglietti vengono strappati di un talloncino che viene conservato, altri fatti passare intonsi, ad alcune persone, quasi tutte in realtà, è richiesto di mostrare il biglietto per vedere se possono accedere alle partenza, ad altri no. Ma forse una regola non c'è. Ogni autobus di lunga percorrenza (anche i centosessanta chilometri tra Chengdu e Leshan sono “lunga percorrenza”) ha una hostess, proprio come sugli aerei, questa è una bella ragazza, abito elegante e tacchi che sfidano la forza d'inerzia a ogni frenata o curva brusca dell'autista nel tentativo di non travolgere una macchina o una motocicletta. Altra caratteristica degli autobus, come anche di tutti i minivan e di qualche taxi, sono i DVD trasmessi durante il viaggio, oggi ci tocca “The King of Mahjong”, una commedia incentrata su un giocatore molto abile e imbattibile di Mahjong che, dopo essersi fidanzato con una bella cinesina che però porta sfiga, inizia a perdere. Perde con un ragazzo dalla faccia da boss della mafia cinese, ricco e potente tanto che può permettersi che una guardia del corpo stia in piedi accanto a lui a tenere immobile un posacenere, che se la fa con la donna del padre malato di cuore, bella, astuta e un pò troia. Una commedia dei buoni sentimenti, alla fine la troia viene scoperta, lui riacquista le capacità al Mahjong e vissero felici e contenti, tra spezzoni onirici e continui movimenti al rallentatore. Non ho visto “Shaolin Soccer” ma aiuto, sono film che in Italia sarebbero vietati ai maggiori di 8 anni: evviva Bruce Lee!

Un'autostrada degna di questo nome in nemmeno 2 ore (considerando la mezz'ora abbondante per districarsi nel caos del traffico di Chengdu) ci porta a Leshan, la città del Buddha Gigante scavato più di mille anni fa nelle pareti di una roccia e il più grande al mondo. Piove come Dio la manda, non la pioggia che ci aveva abituato finora, mezz'ora al massimo e poi stop, una pioggia dapprima battente, ora più leggera ma comunque incessante, che non fa altro che aumentare la cappa di umidità. Prendiamo un taxi che, furbescamente o più probabilmente per ignoranza dei caratteri cinesi da parte dell'autista, ci porta in un altro hotel sul lungofiume, una catapecchia benché “Lonely Planet Recommended”. Tiriamo un sospiro di sollievo quando mostro la prenotazione stampata e la ragazza al di là del bancone fa cenno di no con la testa, risaliamo in auto e il tassista ci porta al Jia Zhou Hotel. Una bella hall, che fa ben sperare nonostante le impalcature qua e là e il bar coperto di stracci da imbianchino dovrebbe far suonare un campanello di allarme in testa. Saliamo in camera a lasciare i bagagli e ci appare una visione da incubo: moquette vecchia di almeno qualche decennio, una macchia nera di umidità all'ingresso del cesso e le pareti scrostate. Se avevamo dei dubbi sul fatto di rimanere due notti a Leshan sono subito fugate, anche se non possiamo pretendere una suite con tutti i comfort per soli 190 yuan.
Andiamo al Giant Buddha, cerchiamo il bus numero 9 che porta all'imbarcadero ma come facciamo per salire la bigliettaia ci fa cenno di no di andare a piedi perché è vicino: cose mai viste.
Strana Leshan, Cina pura, le strade principali tutte negozi finto lusso, i soliti centri commerciali di cui è aperto il solo piano terra e con i superiori chiusi o abbandonati, un dedalo di stradine sporche e trasandate a fianco, tra banchettini di cibo e botteghe.
Prendiamo il battello che ci porterà al Buddha, finito di scavare nella roccia dopo novant'anni, nell'803 d.C. Il solito giro a 360° in mezzo al fiume, dove si uniscono i tre corsi d'acqua principali di Leshan, i fiumi Minjiang, Daduhe e Qingyi per osservare la statua da una prospettiva migliore. Il colpo d'occhio è impressionante, la montagna scavata dalla cima alla base, un Buddha di 71 metri di altezza seduto come su un trono, con i fianchi di roccia a pochi metri percorsi da ripide scalinate. Accanto i due guardiani che, per quanto grandi anch'essi, quasi non si notano tanto sono persi nella maestosità del Buddha. Tra scatti di macchine fotografiche e cellulari, due e poi tre altri battelli che con i motori a tutta forza cercano di rimanere fermi contro la corrente del fiume. Il battello, che sempre secondo la guida dovrebbe portare a un monastero a sud della statua, da cui inizia poi un sentiero nella montagna, tra templi e boschi, che arriva su una terrazza accanto alla testa. Invece pian piano torna indietro, al punto di partenza. Uno sguardo tra me e Ale basta a far capire che ci hanno inculato 50 yuan a testa, è vero la vista migliore si ha dal battello, ma non abbiamo fatto tutta questa strada per dormire in una catapecchia e per vedere il Patrimonio dell'Umanità da un battello. Cosa faccamo? Prendere un taxi non se ne parla, voglia i camminare non ne abbiamo, decidiamo di prenderci un'altra mezza giornata di non far niente e ci addentriamo nei vicoli perpendicolari al lungo fiume. Lungofiume che sarebbe anche bello se fosse un po' più curato, ricorda un po' quello di Phnom Penh, botteghe sulla destra e il fiume con isole di sabbia al centro sulla sinistra, peccato che non ci sia un bar che sia uno dove sedersi a sorseggiare anche solo una coca cola. Case decrepite, sporche e con un odore di piscio misto a cibo speziato, accanto a grattacieli residenziali trascurati, bianchi quando sono stati costruiti e scuri di smog, umidità e ruggine adesso, le solite immancabili sbarre alla finestra anche nei piani più alti e i vestiti appesi fuori a catturare umidità, accanto ai nuovi edifici scintillanti della China Costruction Bank, di cui si trova almeno un edificio vetro e acciaio in ogni città, piccola o grande che sia. Tavolini bassi dove sempre in quattro giocano a carte, carte lunghe e strette con dei simboli non riconducibili né a disegni né a ideogrammi cinesi, oppure a Mahjong.

Dobbiamo trovare una connessione Internet per prenotare un hotel domani a Yibin, altrimenti dovremo farci portare nell'hotel best in town e da lì scendere di prezzo fino a trovare qualcosa che vada bene agli occhi e al portafogli.
Trovare un Internet point è praticamente impossibile, sembra che non abbiano l'interesse che, invece, ho trovato nello Yunnan. Proviamo in un KFC a connetterci ma niente da fare, non ci sono reti wireless abilitate e quelle presenti sono chiuse. Chiediamo allora in una bottega dove vedo ci sono tre computer accesi, due stampanti sporche e una ragazzina che sta lavorando su dei fogli Excel con la nonna che osserva da dietro la spalla destra.
“Internet?”, prima in Inglese e, dopo lo sguardo attonito, in Cinese.
Mi fa cenno con la mano di sedermi al computer accanto a lei, un uomo compare da dietro a una tenda con uno sgabello per Ale. Siamo connessi!

Ma è la sera che Leshan dà il meglio di sé, se non ci fossero i fiumi a circondarla si potrebbe dire che è una città di mare. In ogni piazza c'è qualcosa che attrae gente, chi fa una specie di aerobica al suono di musica cinese, una vecchia sente un ritmo tutto suo e improvvisa movimenti che non hanno a che vedere con quelli degli altri, tuttavia belli da vedere.
Un festival di banchettini che vendono cibo. Saltiamo da un posto all'altro per mangiare, un raviolo ripieno di funghi e carne di manzo qui, una pagnotta con spezzatino di manzo là. Ci sediamo in un ristorante con i tavoli bassi di plastica all'aperto, lungo il marciapiede come ce ne sono solo in Asia dove si mangiano spiedini di carne, di patate, di verdure, spiedini sottili di legno tagliato con il coltello, solo la punta porta un boccone fritto in un olio che, se il colore sembra il lubrificante esausto delle automobili, il sapore che rende è delizioso, reso infuocato da un condimento a base di peperoncino, olio e sale. Spesa della serata per mangiare 17 yuan.
In un'altra piazza, la principale a forma di anfiteatro, altre bancarelle che vendono macedonie di frutta da comporre a proprio piacimento, i tavolini al centro e un megaschermo che proietta un film storico in costume per le famiglie, solitari in cerca del fresco o i guidatori di risciò che hanno parcheggiato ai bordi delle strade. C'è vita, c'è allegria e voglia di divertirsi in un Paese che mi stupisce ogni giorno di più per la sua ospitalità. Sarà che siamo gli unici occidentali in giro questa sera (la maggior parte delle escursioni a Leshan avvengono in giornata da Chengdu) ma abbiamo gli occhi puntati addosso, forse più che nello Yunnan, più che a Chengdu dove, comunque, eravamo degli oggetti misteriosi fonte di curiosità, con i due ragazzi che a turno hanno voluto fare una fotografia con me davanti alla statua di Mao. Ovunque mentre cammini senti “Hello” con un saluto e un sorriso.
Bisognerebbe tornarci durante la stagione bella, al termine delle piogge per godere appieno di questa bella città di fiume, con le acque che da marroni come sono adesso diventano blu (almeno così si vede sulle fotografie pubblicitarie), con il livello dei fiumi che si alza a coprire le isole si sabbia e sassi al centro, il cielo blu intenso e le montagne all'orizzonte visibili, non velate dall'umidità di questo periodo.
Comunque, a parte il Buddha Gigante, si perde qualcosa se non si vive Leshan by night.

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