MOMA

MOMA

lunedì 28 luglio 2008

28.7.08. h 21.40
Dali.

Anche in piena notte non posso che reputarmi soddisfatto di Kunming, o forse sarà il fatto che tutte le città di notte assumono un aspetto affascinante e misterioso, che sia Kunming, Yerevan, Phnom Penh o New York.
Il minivan dell'hotel mi attende fuori dalla hall mentre io pago il conto che è più alto di quanto pensassi: ai 936 yuan (poco meno di 90 euro) spesi per due notti in un hotel 4 stelle (!!) si aggiungono circa 7 euro non meglio precisati. Chiedo spiegazioni e una ragazza dallo sguardo assonnato ma che, fortunatamente, capisce bene l'inglese anche se lo parla a spizzichi e bocconi mi spiega che è il collegamento Internet. Ma non era gratis? Non ho voglia di polemiche, per 7 euro, forse non ho letto bene io, sicuramente loro non hanno fatto né scritto nulla per avvisarmi che era a pagamento. Anzi, ovunque in camera, c'erano avvisi e spiegazioni su come effettuare il collegamento alla rete dell'hotel. E pensare che, in questa brevissima notte, ho lasciato connesso il portatile dopo la telefonata con Skype in attesa di dare la buona notte ad Ale e ai cagnolini e per ricevere il buon giorno da 7.000 e passa chilometri di distanza. A proposito di Skype, queste sono le invenzioni che, alla pari di Internet, hanno rivoluzionato la vita dell'uomo negli ultimi 10-15 anni. Pensare di vedere in faccia una persona mentre le parli (GRAAAAATISSSSSSSSSSSSSSSSSSSS!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!) è qualcosa di stupefacente e ti fa sentire meno solo, come se chi ti sta parlando sia nella stanza accanto.
Insomma, pago e cerco di rubare una “breakfast bag”, così chiamano la colazione messa in un sacchetto di plastica da fruttivendolo per chi parte presto la mattina e non può usufruire della colazione a ristorante. Mi fermano chiedendomi se l'ho prenotata, cerco di bluffare ma tirano fuori un foglio dove, in un mare di caratteri cinesi come scarabocchi leggo dei numeri che sono quelli delle camere. Capisco che non c'è via d'uscita per scucire una colazione, dico “Don't worry, it's late” e salgo sul minivan.

Dicevo, Kunimng di notte. Tutti i palazzi sono spenti, anche quelli del quartiere finanziario che splendevano fino a poche ore fa sono ormai spenti, solo la luce rossa a intermittenza sul tetto li rende visibili. Le strade sono vuote, o meglio sembrano vuote perchè ci sono in giro diversi motorini rigorosamente con i fari spenti, talvolta con un solo passeggero, spesso con marito e moglie o uomo e donna. Qualche carretto a motore trasporta la mercanzia verso il centro, a rifornire le innumerevoli botteghe. Ogni incrocio di grandi dimensioni della città ha un gazebo di plastica che risplende di una luce lampeggiante rossa, è il posto di controllo della polizia. Su tre posti di polizia che incontriamo nella strada lungo l'aereoporto, non c'è un solo poliziotto che sia sveglio: uno dorme con la testa appoggiata sul tavolo, due sulla sedia con la testa piegata in maniera innaturale di lato, come se fossero stati giustiziati. Il tutto con il faro lampeggiante rosso che ciclicamente e in maniera ipnotica illumina a giorno l'interno del gazebo.
Le uniche luci accese sono quelle di un gigantesco McDonald's, aperto 24/24 e 7/7 come riporta la scritta in Inglese/ Cinese, e i rivestimenti di fiori gialli su tutti i lampioni della strada che conferisce un aspetto di vitalità alla strada, come se la serata fosse appena finita.
La strada che conduce all'aereoporto presenta i palazzi dall'architettura migliore, regolari e puliti, forse un po' monotoni nel loro essere tutti uguali ma comunque moderni senza essere pacchiani. Caso a parte è un edificio che non capisco se sia un hotel, la sede di uffici o altro che sintetizza nel suo aspetto kitch un castello inglese e il Dakota Apartments, con le sue torrette arzigogolate sui quattro angoli dell'edificio, peccato per un drago gigantesco azzurrino appeso alla facciata. Subito dopo un maestoso edificio tutto spento, simile ad uno scheletro perché le finestre nere e buie contrastano con il lucido della struttura portante in acciaio e cemento, potrebbe essere una scuola, un edificio pubblico o un ospedale.
Nemmeno 10 minuti e arrivo in aereoporto e meno male che non sono nemmeno le 5.30: una ressa incredibile agli ingressi, a causa dei controlli dopo gli attentati della settimana scorsa, crea una coda solo per entrare nel terminal.
Tra gli scaffali di una libreria piazzata proprio in mezzo all'area dei check- in, trovo un libro che è un controsenso per i principi su cui dovrebbe essere fondata la Cina o, quantomeno, farebbe rivoltare sotto la campana di vetro anche la mummia imbalsamata dello zio Mao: LUXURY GOODS. Dentro una parata di fotografie di beni extra- lusso, Ferrari, Zagato, Yacht alla Abramovich, orologi che valgono quanto una casa. Il mercato del lusso è in continua espansione, è il solo mercato su cui le aziende di tutto il mondo si scannano pur di investire. Non è un caso il fatto che la Ferrari abbia incrementato notevolmente il fatturato da quando si è aperto il mercato del lusso, che ci sia il Gran Premio di Formula 1 a Shanghai, uno sport che non è certo per poveracci.

Ci lamentiamo dell'incapacità di fare una coda in Italia? Bisognerebbe provare a farla in Cina. Check-in del volo Lucky Air 8L9901, non è ancora aperto e una donna sta dormendo sul nastro trasportatore dei bagagli. Ordinatamente mi metto in coda dietro di lei, mi siedo per terra con i bagagli leggendo “La Cina in Vespa” di Giorgio Bettinelli. Via via si forma la coda dietro di me ma mi accorgo che non è una coda tranquilla, in calma attesa, noto un certo nervosismo delle persone, camminano verso il banco, tornano indietro, si sporgono di lato per vedere se arriva qualcuno. Appena si presenta la ragazza del check- in la coda pseudo- ordinata si sciogli come se qualcuno avesse ordinato “Rompete le righe” e si crea un cono umano la cui punta è davanti il banco e man mano si allarga per via delle persone che si accalcano ai lati. Mi trovo spiazzato ma penso che anche se ho gli occhi occidentali e ho quattro peli in più di loro non voglio aspettare più di quanto mi spetti: poso il mio borsone sul rullo, cosa che nessuno ha ancora fatto, e metto salendo sul nastro metto il passaporto sotto la faccia dell'impiegata.
Mi perdo nel bar dell'aereoporto a bere un latte caldo con cioccolata (il bugiardino del Malarone consiglia di prenderlo con il latte o a stomaco pieno, ma non ho voglia di noodle o zuppe di verdure e maiale alle 6 del mattino). Mi perdo a scrivere al computer, alzo lo sguardo verso il monitor e vedo che sono le 6.40, guardo il biglietto con scritto BOARDING TIME 6.50 e riguardo l'ora sul cellulare: tra 10 minuti iniziano a imbarcare. In fretta e furia mi presento al controllo sicurezza e si presenta una scena dantesca: centinaia di persone si affollano davanti ai 6 sportelli, c'è chi aspetta in coda e avanza lentamente, chi furtivo guardandosi intorno cammina in avanti guadagnando posizioni, chi agitando il biglietto passa davanti a tutti. Attendo 10 minuti in Occidentali buone maniere, quando mi accorgo che davanti la ressa aumenta e ormai sono le 7, faccio gli occhi a mandorla e passo anche io davanti a tutti. Corro al gate 15 dove delle signorine, vedendo uno straniero correre, si sbracciano per chiamarmi.
Il volo dura nemmeno 40 minuti. Sono stato combattuto sul fatto di prendere l'aereo o percorrere la strada da Kunming a Dali per vedere il panorama: ma tra 40 minuti in aereo a 60 euro o 6 ore di autobus a 10 euro cosa avreste scelto?

Per cosa si può essere felici e sentirsi realizzati?
Può essere il lavoro gratificante, tornare a casa con qualcuno che ti aspetta con un sorriso. Può essere anche un incontro strano e casuale che ti riempie di gioia, inutile senza riscontri pratici ma pura felicità.
Esco dal terminal dell'aereoporto di Dali, un capannone con un unico rullo per i bagagli, e leggo su un cartello tenuto da un signore LOMBARDO. Penso “che bello sono venuti a prendermi anche se non era previsto”. Mi presento, ci salutiamo e il Cinese mi chiede dove è mia moglie. Rispondo che sono solo, penso che magari al Jim's Tibetan Guesthouse stanno aspettando un'altra persona. Leggo poi meglio, LOMBARDO EDUARDO... e qui mi si illuminano gli occhi. Vedo uscire gli ultimi Occidentali, una coppia di una cinquantina di anni.
Chiedo
“Are you Mr. Lombardo?”
“Yes”
“My name is Max Lombardo too”
e lui e la moglie scoppiano a ridere.
Facciamo una foto insieme e ci scambiamo verbalmente i nomi degli hotel a Dali, anche se il suo lo dimentico subito.
Capito? Non sono arrivato in Sicilia, dove Lombardo è come Rota a Bergamo, ma a Dali, nel cuore dello Yunnan!
Questa è la vera felicità, che mi lascia elettrizzato per un bel pò.

Un trequarti d'ora di taxi (90 yuan) lungo una strada bellissima che costeggia il Lago Er Hui (Er significa “orecchio” ed è dovuto alla forma allungata a mò di orecchio del lago), un lungo lago con tanto di porticcioli per le barche, e arriviamo nella città vecchia di Dali, entrando per la porta meridionale.

La Jim's Tibetan Guesthouse è all'interno delle mura vecchie. Una pensione piccolina e pulita sulla strada principale. Al piano terra la reception è il bar. Salgo una scala stretta ed entro in camera, piccola, pulita con un letto matrimoniale, mobili in legno intarsiati e un bagno lindo. Le tende spesse lasciano entrare una luce gialla che crea un'atmosfera ovattata.
Sono in pace con il mondo.
Non disfo nemmeno il borsone, il tempo di organizzare lo zaino delle macchine fotografiche ed esco per strada. La città di Dali è costituita da due parti, la città vecchia, a pianta perfettamente quadrata, racchiusa da mura con una porta per ciascun lato e le strade ortogonali. Fuxing Lu è la direttrice principale nord- sud della zona vecchia, unendo la porta meridionale con la settentrionale: è una bella strada che penso sia isola pedonale ma qualche motorino e macchina ci scappa lo stesso, con i salici piangenti ai lati e un canale che dovrebbe essere di scarico ma a vedere dall'acqua penso sia rimasto ormai per bellezza e per far attingere ai proprietari delle botteghe che si affacciano sulla strada, quando devono pulire il negozio. Le case sono basse, due piani di legno spesso scuro, con il negozio/ bottega al piano terra e l'abitazione al primo piano, piccole finestre, di solito 2 o 3 con vetri colorati. Tra il negozio e la casa, una scritta in cinese su un tavolato di legno penso indichi il nome della bottega.
La perpendicolare a Fuxing Lu, esattamente alla sua metà, si chiama Huguo Lu o Foreigners' Street, il nome dice tutto: una fila di negozi di antiquariato più o meno finto, gioielli più o meno preziosi, CD e DVD più finti che originali, bar, ristorantini con le panche di legno all'aperto in questa strada stretta. Insomma, questa parte di Dali può far innamorare qualunque persona, ci si sente a casa e non ha nulla di turistico, riesce a mantenere una sua originalità, una sua autenticità, anche perché di Occidentali ne ho incontrati 4 in 1 ora.
La parallela a Huguo Lu è Yu'er Lu, una via un po' più grande e trafficata.

Pian piano mi incammino lungo Fuxing Lu finchè esco dalla porta settentrionale, su tre piani (ingresso 2 yuan) al cui primo piano c'è un'esposizione- vendita di un oggetto che, scoprirò, essere molto diffuso a Dali, dei quadri fatti con il marmo lavorato. Da lastre di marmo e/o pietra simile, riescono a ricavare veri e propri quadri, alcuni abbastanza definiti da sembrare dipinti, almeno a una prima occhiata. I temi più “richiesti”, o più semplicemente più facili da ricavare dalle venature della pietra, sono i paesaggi montagnosi e le vedute a “volo d'uccello”.
Appena usciti dalla porta settentrionale iniziano le botteghe meno turistiche e più locali: arrotini, fabbri, meccanici, vetrai, lavoratori del marmo (compresi i tombaroli, nel senso di quelli che creano le lapidi), parrucchieri, alimentari, negozi di stoffe. Caratteristica di queste botteghe è che, sul retro del hanno una porta che dà su un piccolo cortile, sporco e disordinato, dove si vede vagabondare qualche cane e, talvolta, polli.



Tanto è bella Dali all'interno delle sue mura quanto è ricca di storia e architettura all'esterno. Poco a nord della porta settentrionale c'è il complesso del tempio Chongsheng, meglio conosciuto come il Tempio delle Tre Pagode. Costruito sotto la Dinastia Tang nel Periodo Kaiyuan (713- 741 D.C.), è stato il centro politico e religioso oltre che tempio reale durante il Regno di Dali, conosciuta come la Capitale Buddhista. Solo le tre pagode all'ingresso sono originali del periodo in quanto ciò che la Natura non era riuscita a distruggere con i terremoti, ci ha pensato l'Uomo con le guerre a radere al suolo e il Grande Timoniere con la sua Rivoluzione Culturale, la sua non quella del popolo che ha lasciato sul campo qualche decina di milioni di vite tra Balzo in Avanti e cazzate varie. Nonostante sia tutto ricostruito, i templi e i vari complessi mantengono una delicatezza, nonostante la ridondanza dei particolari e i colori vivaci, e sembrano originali, se non fosse per il fatto che sono troppo nuovi, troppo puliti e con i colori sgargianti per aver passato centinaia di anni sotto le intemperie.

Appunto, le Tre Pagode. Un maestro di scuola elementare incontrato a colazione in un bar di Huguo Lu (che tra le altre cose è un patito di calcio, prima tifava “International of Milan”, adesso tifa Juve, abbiamo fatto bene a cambiare allenatore perchè con questo vinceremo la Coppa del Mondo in Sud Africa, con tanto di sgrattonata di palle, la Cina è scarsa, David Beckham è adorato da sua moglie ma capisce niente perchè non sa giocare, ecc.) le ha paragonate alla Torre di Pisa e non ha tutti i torti. La torre principale, alta oltre 60 metri è l'unica diritta, le altre due situate a nord e a sud pendono verso il centro in maniera simmetrica, come se fossero distorte da un obiettivo fotografico. A differenza delle pagode classiche di legno queste sono in mattoni e pietre rivestiti di calce.
Il complesso di templi e sale si estende lungo tutta la collina fino alle pendici della Catena del Cang Shan, coperta di nuvole. Man mano che si risale la collina le strutture diventano sempre più belle e ricche, fino alla Sala della Magnificenza in cima alla collina, con diverse statue di dimensioni enormi. In un angolo un monaco recita delle preghiere leggendo un libro tutto d'un fiato, battendo ritmicamente una campana di legno.

Ritorno in taxi alla guesthouse, una telefonata con Skype a casa e sono di nuovo fuori a cercare una crema per il solo: nonostante il cielo sia rimasto coperto tutto il giorno (si sta quasi bene con la felpa) ho la faccia viola e i capelli corti non aiutano di certo. Entro in un “grande magazzino” cinese, non capiscono sun cream, non capiscono i gesti e mi tocca leggere imbarazzato la guida Lonely Planet della lingua Cinese. Pronuncio in maniera orrenda tre parole, senza badare ai toni, fang- sciai iou e subito ottengo un set di creme Nivea, protezione 16 e doposole, a 5 euro (scadenza nel 2010).
Girovago lungo Renining Lu, la parallela a sud di Foreigners' Street, spingendomi fin quasi alla porta Orientale. L'aspetto cambia, ci sono negozi semplici, ristorantini creati davanti alle case e, nel tratto più orientale una serie di bar, loschi, bui e fumosi, ritrovo di hippies cinesi e occidentali. Qui vanno di moda gli happy hours, 6 vodka a 30 yuan (!), c'è un cinese del cazzo che fa andare i Diablo (ho sempre odiati chi usa i Diablo, tanto in Porta Nuova come qui a Dali), una coppia di squatters Spagnoli, lei una bella ragazza, lui un capellone biondo, stanno infilando delle collanine su un banchettino improvvisato, uno spagnolo tutto sporco sta parlano nella sua lingua madre con una Cinese di un bar che gli risponde in un Inglese impeccabile.

Incontro nuovamente la famiglia Lombardo.
Non sono Spagnoli ma Argentini di Santa Fè, Edoardo Lombardo, genitori di Genova ma, come gli faccio notare, Lombardo è un cognome siciliano, è un ingegnere chimico, Yolanda Bolzon, padre di Vicenza (Castelqualcosa) e madre di Milano, è una biochimica. Sono in Asia perchè Edoardo ha tenuto una conferenza a Seoul, dopodiché hanno iniziato un tour in Cina, Pechino, Xian, Guilin, Yunnan per tornare tra qualche giorno a Shanghai dove li aspettano 30 ore di voli per tornare a casa.
Coincidenza delle coincidenze hanno un figlio maschio nato nel 1973 e lui ha una macchina fotografica identica alla mia.
Ci scambiamo i rispettivi indirizzi e-mail e numero di telefono promettendo che, qualora verremo in Argentina gli devo quantomeno una visita per la felicità che mi hanno dato.

Finisco a mangiare e a bere birra mentre scrivo al computer allo “Star Cafe. Since 1987”, lungo Huguo Lu. Non male, una bistecca di manzo che si scioglie in bocca con le patatine fritte e insalata e pomodori che non tocco, crocchette di patate fritte con il sesamo e leggermente piccanti, due bottiglie di birra, in tutto 56 yuan.

Torno al Jim's Tibetan Guesthouse, lascio lo zainetto e scendo al bar della guesthouse che, oltre alla gentilezza dei ragazzi che ci lavorano e ai prezzi economici (1 birra poco più di 50 centesimi di euro), hanno una musica spettacolare. Questa mattina Bob Marley, ora i Beatles stanno suonando Penny Lane.
Mi viene ancora fame, quando sto bene e sono rilassato mangio, ordino pane con il burro e aglio (tanto non penso dormirò con qualcuna questa notte) e un'altra birra.
Intanto organizzo con i ragazzi della guesthouse lo spostamento a Lijiang per il 30 luglio, 60 yuan in minibus, rigorosamente con aria condizionata, no- smoking e no- stop come ci tengono a sottolineare.
Mi sta balenando per la mente un'idea, cambiare il programma, invece che andare in Sichuan, Chengdu, i Monti Emei e Leshan, cercando di passare per Yibin prima di arrivare a Chongqing, tornare a Dali e Kunming per far vedere ad Ale questi posti meravigliosi.
E' la prima volta che sto per cedere alla tentazione di tornare in un posto con tutti i posti del mondo che ci sono ma non ci sono parole per descriverli.

Sono diventato l'attrazione della serata di Huguo Lu, tutti si fermano a guardare questo occidentale con il computer piccolino con davanti piatti di cibo non terminati e due bottiglie di birra (per il momento) vuote, una ragazza cinese mi fa persino una fotografia.

Intanto ricevo una telefonata da un numero privato, non so perché ma rispondo e
sento.

“Gentile Cliente, con questa chiamata Vodafone chiede la Sua preziosa collaborazione per un sondaggio...”

Un Porco *** ad alta voce sono le prime e uniche due parole che mi vengono in mente.

La radio: qualunque cinese di almeno 50 anni, in qualunque posto si trovi, all'aperto al chiuso, nei templi o in un bar quando si siede per riposare dopo una camminata estrae dall'immancabile borsello una radio che accende, mette a tutto volume e appoggia sul tavolino. Fortunatamente non mi è ancora capitato di trovare due Cinesi nello stesso posto che ascoltano ciascuno una radio, ma sono sicuro che, entro la fine del viaggio, succederà.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Grande Max, dalle 17 alle 17:30 sono arrivato a Dali con te! Stasera mi sparo le tappe più vecchie... il massimo sarebbe avere qualche foto.. la fantasia ormai rattrappita non riesce a ricreare i posti da te descritti. Un saluto